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Fontana-Ceramista

LUCIO FONTANA: ceramista e scultore spaziale

LUCIO FONTANA SCULTORE

Lucio Fontana inizia la sua carriera artistica nello studio del padre, scultore di Rosario, in provincia di Santa Fè in Argentina. Nel 1927, rientrato a Milano, Lucio frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera dove segue i corsi della Scuola del marmo e del maestro simbolista Adolfo Wildt. Da lui viene infatti molto influenzato nel suo periodo di formazione per la levigatezza e purezza classica delle sue superfici scultoree.

“Io sono uno scultore e non un ceramista. Non ho mai fatto una ciotola al tornio o dipinto un vaso. Mi annoiano le modanature e le sfumature di colore. E trovo terribili i mistici della tecnica. Quel che si produce a Sèvres e a Copenhagen con quella bella tecnica è adatto al gusto di vecchie signore e collezionisti. Celebrano la fragilità e i mezzitoni. Io cerco qualcosa di diverso. […] La mia forma plastica dai primi agli ultimi modelli non è mai dissociata dal colore. […] La materia era terremotata ma ferma. I critici hanno parlato di ceramica.
Io l’ho chiamata scultura.”

(Lucio Fontana: La mia Ceramica. In: Tempo, Milano, 21 settembre 1939)

Tra il 1929 e il 1931, grazie allo scultore Fausto Melotti, inizia però ad entrare in contatto con diversi architetti milanesi d’avanguardia e, dopo aver conosciuto anche il futurista Archipenko e il surrealista Zadkine, incomincia a discostarsi dalla composizione plastica classica di Wildt e a produrre opere in aperta rottura con i modelli accademici. In questi anni la sua arte si declina attraverso varie discipline: rilievi figurativi in terracotta, interventi architettonici, tavolette in cemento graffite e anche sculture.

VERSO LO SPAZIALISMO

Verso la metà degli anni Trenta comincia a dedicarsi alla ceramica, realizzando opere sia figurative sia “filiformi” e astratte. Le sculture caratterizzanti questo periodo sono importanti anticipatrici alle teorie Spazialiste, che avrebbe poi sviluppato. Queste opere assumono infatti dinamismo, spontaneità e soprattutto spazialità; i vorticosi arabesques e le forme mutevoli articolano le affermazioni del Manifesto Blanco in tre dimensioni riguardo ai maestri del Barocco, che “esprimevano la natura in termini di dinamica e avevano stabilito che il movimento è una condizione innata della materia” (G. Ballo, Lucio Fontana, New York, 1971, p. 186). Il colore ha inoltre una grande importanza e non si dissocia mai dalla materia, che si muove quindi nello spazio con libertà di espressione.

“Dall’Uomo nero 1929 il problema di fare dell’arte istintivamente si chiarisce in me, né pittura né scultura, non linee delimitate nello spazio, ma continuità dello spazio nella materia.”

Nel marzo del 1935, partecipa alla “Prima mostra collettiva di arte astratta italiana” a Torino contribuendo alla stesura del manifesto di presentazione e aderisce al movimento francese Abstraction-création.Tra il 1936 e il 1940, Fontana intensifica la sua attività di ceramista nel laboratorio di Tullio Mazzotti ad Albisola, dove sperimenta maggiormente questo materiale, con il quale creerà sculture in smalti policromi, dorati e argentati. Alcune di queste opere sono raffigurazioni narrative, mentre altre hanno un carattere quasi simbolico: scene di battaglia, guerrieri, maschere o soggetti religiosi come il Crocifisso o la Madonna col Bambino.

“La materia era attraente; potevo modellare un fondo sottomarino una statua o un mazzo di capelli e imprimere un colore vergine e compatto che il fuoco amalgamava. Il fuoco era una specie di intermediario: perpetuava la forma e il colore.”

VERSO GLI ANNI ’50

Le sue opere diventano sempre più importanti e sono spesso oggetto di mostre e concorsi fino a quando, nel 1936, viene realizzata la prima monografia dedicata all’artista, scritta da Edoardo Persico.
Negli anni successivi trascorre del tempo alla Manufacture Nationale de Sèvres, dove lavora ancora intensamente alle ceramiche sperimentando nuove tecniche.
Le sculture di Fontana sono così un elegante equilibrio dato dall’arte informale, dall’espressionismo neobarocco, dalla rappresentatività, dall’astrazione, dalla meditazione e dalla spontaneità. Tra gli anni ’40 e ’50, assume una capacità tecnica tale che gli permette di liberare la sua ispirazione, creando così sculture vivaci, spontanee ed estremamente espressive.

Per altri approfondimenti visita la sezione FOCUS ON



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