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Filippo Marinetti, storia di un futurista

Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) è stato un poeta, autore drammatico, artista e politico italiano, noto soprattutto per essere stato il fondatore e il teorico del Movimento Futurista, la prima avanguardia storica italiana del XX secolo.

Marinetti nacque a Alessandria da una famiglia benestante, si laureò in legge come il padre, tuttavia, presto abbandonò la carriera giuridica per dedicarsi alla letteratura e alle arti. Nel 1909 pubblicò il suo manifesto futurista (Manifesto del Futurismo), opera che rivoluzionò il mondo dell’arte e della cultura in Italia e in Europa.

Il Futurismo proponeva una rottura radicale con la tradizione e il passato, in particolare con
le vecchie istituzioni culturali, a favore della creazione di un’arte completamente nuova e rivoluzionaria, che fosse in grado di esprimere il dinamismo e l’energia del mondo moderno.

Sebbene la corrente futurista favorisse l’architettura, Marinetti e la maggior parte dei suoi adepti vedevano nei mezzi nei media tradizionali, in particolare la poesia, il mezzo ideale per comunicare le loro idee ed esaltare l’era industriale. Rinnega il sentimento romantico e l’ossessione per il passato, per dimostrarsi sempre protesa verso un futuro eccitante.

Filippo Marinetti: tratti principali del Manifesto del Futurismo

Marinetti stesso fu un artista poliedrico, che si cimentò in vari campi, dalla poesia alla pittura, dalla scultura alla scenografia teatrale. Era noto per il suo stile provocatorio e iconoclasta, che spesso sfociava in gesti estremi e clamorosi. Ad esempio, nel 1927 organizzò una performance pubblica chiamata “La distruzione della Galleria d’Arte Moderna”, durante la quale fu distrutta una collezione di opere d’arte.
Nel suo Manifesto, Marinetti arriva persino ad esaltare la guerra e dimostrarsi sprezzante verso la donna e il femminismo. L’obiettivo dell’artista futurista era quello di tentare con ogni mezzo il contatto con un pubblico più vasto ed eterogeneo, attraverso una continua campagna pubblicitaria.

Sul Manifesto si legge: «Il gesto per noi, non sarà più un momento fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale. Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari. […] Lo spazio non esiste più: una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse incastonata dal disco solare? […] I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano. […] Noi vogliamo rientrare nella vita. La scienza d’oggi, negando il suo passato, risponde ai bisogni materiali del nostro tempo; ugualmente, l’arte, negando il suo passato, deve rispondere ai bisogni intellettuali del nostro tempo.»

Tuttavia, Marinetti era anche un uomo impegnato politicamente. Sostenitore del Fascismo, si candidò al Parlamento italiano nel 1919 e fu eletto nel 1924. Durante il regime fascista, Marinetti continuò a promuovere il Futurismo, che venne utilizzato come strumento di propaganda culturale del regime.

Marinetti morì a Bellagio, sul Lago di Como, nel 1944. La sua eredità artistica e culturale è controversa, ma indubbiamente ha lasciato un segno indelebile nella cultura italiana e internazionale del XX secolo. La sua figura è stata oggetto di numerose biografie e studi critici, e la sua opera è ancora oggi oggetto di discussione.

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